Madame Bovary è una personaggia che, secondo Baudelaire, aveva molte delle caratteristiche allora considerate tipicamente maschili, in realtà (e questo la rendeva unica nel suo genere): la capacità di fantasticare e di produrre una fervida immaginazione, il forte fascino esercitato sugli altri personaggi, la sua tendenza a prendere l’iniziativa ed essere la parte “dominante” della relazione.
Su questo romanzo ci sarebbe materiale su cui discorrere per mesi, per cui mi limito a dirvi ciò che così, a caldo, mi ha colpita di più; segue poi un commento sugli elementi paratestuali di questo volume, che secondo me meritano due paroline.
Ad “acchiapparmi” è stato un passaggio all’inizio del romanzo, che è effettivamente un momento di svolta nella narrazione. Infatti nei primi capitoli seguiamo la vita della famiglia Bovary e in particolare ci interessiamo a Charles, ragazzo mediocre che diventa un medico mediocre, ma che conosce una ragazza bellissima di nome Emma. Parte la solita corte, la discussione estremamente moderata col padre di lei che porta al matrimonio, e infine il felice sposalizio. Durante questi primi capitoli non lasciamo mai il punto di vista di Charles, fondamentalmente, che sembra vivere una vita sentimentalmente piena e del tutto appagante. La sua vita con Emma è semplice ma speranzosa, comune ma tranquilla, priva di scossoni. È un matrimonio felice.
Finché non collidiamo con i pensieri di Madame Bovary. È lì che veniamo travolti da un’immagine completamente differente di ciò a cui abbiamo assistito.
Emma infatti non ama veramente Charles, e scopre di essersi solo fatta prendere da un entusiasmo che si è velocemente scipito; trova la sua vita deleteria e priva di eventi, odia essere la Signora Nessuno di un Signor Nessuno; trova dozzinale ciò che la circonda e punta il suo sguardo sempre a una vita immaginaria e perfetta, piena di palpitazioni e gesti sublimi. Quella che travolge il lettore è un’ondata di negatività e insoddisfazione inaspettata, dati i capitoli precedenti. Ed è qui che Flaubert ti affascina e ti fa avvinghiare a questa personaggia perennemente in cerca di qualcosa, spiritualmente errante.
Da quel momento in poi ho letto con sempre più interesse la storia di questa donna autoillusa, al punto dall’essere quasi patetica. Non mi aspettavo un romanzo così sardonico e così crudele con la propria protagonista.
A dir la verità, Flaubert non fa sconti a nessuno dei suoi personaggi e non li salva dalla mondanità e dalla mediocrità che li ghermisce in ogni azione quotidiana, venale o carnale. L’aspirazione al Bello e al Sublime che tanto spinge Emma ad agire e a cercare qualcosa di meglio nella vita non trova un suo spazio nella sua società, e ogni tentativo di innalzarsi non fa che sprofondarla inesorabilmente nella stessa mediocrità che rifugge (ad esempio, con l’adulterio).
Un romanzo incredibilmente complesso nella sua realizzazione che rimpiango di non poter leggere in francese per poterne apprezzare tutte le sfumature. Flaubert infatti è noto per la sua quasi maniacalità nella scelta delle parole da utilizzare in ogni suo scritto — aspirava a scrivere una prosa quanto più vicina possibile alla poesia.
In questo senso, sono davvero molto interessanti le sue considerazioni sul linguaggio e lo stile di cui discute in modo abbastanza diffuso nelle sue lettere. Difatti, in questo volume (in appendice), troviamo alcuni brani tratti dal lungo carteggio che Flaubert intrattenne con l’amante Louise Colet. In queste lettere scopriamo i suoi intenti e le sue intenzioni, come quella di scrivere un romanzo realista per criticare la deriva realista, che trova fine a se stessa e tediosa (scriverà poi alla nuova amante Roger, parlando di “Madame Bovary”: «è stata un partito preso, un tema. Tutto ciò che amo, là non c’è»). Una contraddizione che però funziona. E, stavolta inconsciamente, ci ritroviamo anche a leggere uno scritto che critica lo spirito borghese, ma suo malgrado lo fa nel formato borghese per eccellenza: il romanzo.
In questo senso, le considerazioni di Byatt nella prefazione sono altrettanto illuminanti — infatti ne consiglio la lettura, dopo aver finito il romanzo, per trarne qualche spunto di riflessione in più.
Le lettere di Flaubert le ho trovate anche piuttosto divertenti. Hanno una voce ironica, a volte, e l’autore non usa mezzi termini, non ha peli sulla lingua, il suo stile è decisamente meno affettato rispetto alla sua voce letteraria, a cui siamo più abituati. Ad esempio, la famosa scena di Emma e Rodolphe che cavalcano insieme nel bosco di Yonville diventa sbrigativamente “la scopata”, in una lettera, quando ne parla con Colet.
Per non parlare del suo terrore di sfociare in uno stile frivolo e una storia superficiale. Lo spauracchio di diventare un altro Paul de Kock!
Un autore di romanzi considerati scabrosi che viene citato anche da Baudelaire, tra l’altro, nella bellissima recensione scritta per “Madame Bovary”, e che si può leggere al fondo di questo volume. Un commento penetrante.
Ma mi sono di nuovo dilungata. Il romanzo, si sarà intuito, l’ho molto apprezzato; penso che si presti anche alla rilettura, per cui conterò di ritornare di sicuro sulle pagine di “Madame Bovary”, in futuro.
Personalmente, seppur avrei apprezzato qualche nota sparsa lungo il testo, consiglio questa edizione di “Madame Bovary”, della Mondadori. Mi è sembrata ben tradotta (almeno secondo il mio umile B1 in francese) e gli elementi paratestuali sono molto interessanti, senza essere strettamente accademici. C’è anche una bibliografia bella cicciona che può di sicuro suggerire qualche lettura futura di approfondimento.
Sono veramente contenta di aver recuperato questo classico.
I've read so many references to this book that eventually I decided to read it. I was very surprised however of how unlikable the protagonist was. I was expecting a tragic figure - and in a way she is - but not this an annoying self-involved ungrateful person as it is. However I could not detach emotionally from the book and was in a spell all throughout. She is still coming up in my mind. Anyway the book is funny, and tragic, and ironic, and sad, and I wished I could have read it in French for a more precise linguistic appreciation. This translation dates the 1950's and I may have liked a more current version, still a bit of language ageing does not hurt it.
...ContinuaSicuramente non doveva essere facile all'epoca dire così apertamente che un buon matrimonio e una posizione sociale rispettabile non sempre bastano a dare la felicità. Lei non è altro che l'odiosa insoddisfazione nei confronti della quotidianità nascosta in ognuna di noi e sviluppata all'ennesima potenza senza badare alle conseguenze. Troppo lento ed eccessivamente descrittivo per metterlo tra i preferiti ma ne ho apprezzata la capacità di far riflettere.
...ContinuaCapita raramente di provare così tanti sentimenti contrastanti nei confronti di un solo personaggio. Nel corso del racconto Emma è stata in grado di suscitare in me empatia ma allo stesso tempo repulsione, compassione ma allo stesso tempo biasimo. Giunta alla fine del romanzo non sono riuscita a prendere una posizione definitiva nei suoi confronti, mi assomiglia così tanto che condannare azioni, seppur assurde e palesemente autodistruttive, che probabilmente sarei finita per compiere io stessa al posto suo trovandomi nella stessa situazione sarebbe stato ipocrita. Ciò che più sorprende è come Flaubert, pur essendo uomo, sia stato in grado di indagare e svelare in maniera così verosimile l'animo di una donna che pur se vissuta secoli fa risulta sempre attuale agli occhi di una ragazza del ventunesimo secolo. Emerge chiaramente inoltre una spiccata critica alla società del secolo, nel pieno dei fermenti e degli entusiasmi del positivismo è chiara l'opposizione dell'autore alla mentalità emergente che vuole la scienza al centro, come unica lente per guardare la realtà. Nel corso delle pagine più volte fa trapelare la sua posizione costruendo vicende e situazioni nelle quali la scienza fallisce miseramente e la religione risulta forse l'unica consolazione seppur magra e poco concreta. La comunità bigotta nel quale vivono i protagonisti, i personaggi caratterizzati in modo preciso, dall'uomo di chiesa allo strozzino opportunista, dal farmacista ottuso ed egoista che mira unicamente alla fama alla domestica ingrata e senza rispetto. L'atteggiamento che il paese assumerà davanti alla morte di chi fino a poche ore prima faceva parte della loro vita quotidiana mi ha lasciata spiazzata e quasi sconcertata, nonostante sia purtroppo tristemente tutto riconoscibile tuttoggi, così come il destino di chi fallisce, destinato all'abbandono da parte persino dei parenti più stretti che ti sorridevano finchè avevi un tetto e delle finanze sostanziose e non appena perdi il prestigio della tua posizione ti voltan le spalle. Insomma l'avvicendarsi di situazioni incalzanti che raggiungono un picco per poi precipitare inesorabilmente viene dispiegato tutto in maniera armoniosa e mai forzata, quasi fosse inevitabile e scritto fin dall'inizio che il destino dei personaggi sarebbe dovuto esser quello.
Charles però non si meritava tutto lo schifo che ha subito poveraccio :'(
...ContinuaNon ho amato particolarmente lo stile di scrittura di Flaubert ed ho odiato questo libro per parecchi anni, almeno fino a quando non ho letto Tolleranza zero di Welsh che l'ha surclassato nel mio immaginario di libri o personaggi odiati (attenzione: con odiati non intendo dire che non mi siano piaciuti ma che per un motivo o per un altro, una sprangata in testa non gliel'avrebbe tolta nessuno.) , ad ogni modo nessun personaggio spicca per il proprio acume ed in quel poco di descrittività constatata, riescono comunque a farsi odiare, tutti.
E comunque, che Flaubert si considerasse un perfezionista della scrittura non è, almeno da me, riscontrato. Trovo il romanzo forte per la tematica nel tempo ma davvero sbrigativo, praticamente non mi è rimasto null'altro se non diverse considerazioni sui frivoli personaggi che lo compongono.
...Continua